Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 1 Numero 08 Del 25 - 2 - 2008 |
Consigli per gli acquisti |
Editoriale |
Gian Maria Tosatti |
Dito dritto infilato nel tubo catodico a bucare la semisfera di cristalli liquidi. “Avete capito bene? Aboliremo l’ici”. E in quel momento mi è passata davanti tutta la mia vita. L’infanzia davanti a Vanna Marchi e ai suoi perentori e incontrastabili “D’accordo?!”, l’adolescenza agitata dall’enfisema del Baffo (al secolo Roberto da Crema) e da Funari con la mortadella. E poi l’età della maturità con Giorgio Mastrota e la batteria di pentole con fondo alto un centimetro cui si aggiungeva un tvcolor 14 pollici, una mountainbike e un forno a microonde oppure con l’indimenticabile e sempre valida offerta del materasso che se lo compri ti arreda poi tutta casa. Mi è passata davanti tutta la vita, come nei momenti brutti. Era il 2006 e Berlusconi stava parlando proprio a me. Col dito puntato come Zio Sam o come anche tutti loro, i miei compagni d’infanzia televisivi. Anche loro cercavano di vendermi qualcosa che non volevo, ma lo stavano facendo talmente bene che più di una volta mi sono trovato a desiderare anche la crema di Vanna Marchi, a cinque anni, magari per mangiarla. E poi sì, anche comprare la batteria di pentole, per avere una mountainbike che da sola costa comunque di più della “irripetibile offerta”. Insomma quell’uomo aveva inventato la televisione commerciale, i consigli per gli acquisti, gli “sponsor” di Mike Bongiorno, e le televendite, ossia il più profondo sostrato culturale della mia generazione. Adesso, dopo anni di ipnopedia neopavloviana, recuperava gli stimoli a cui ero più sensibile, il piglio da teleimbonitore. E allora eccolo lì. Chissene frega delle stime, dell’economia, delle finanze dei comuni. Aboliremo l’ici. E meno tasse per tutti. E magari anche una mountainbike per quelli che non hanno mai osato chiamare il numero verde. Due anni dopo lo scenario è cambiato. Da una parte c’è sempre lui, Silvio. Dall’altra è arrivato un nuovo leader. Il leader più mediatico della sinistra. Perché per vincere stavolta non basta più la fede di Prodi, stavolta bisogna vendere qualcosa. Vendere un sogno, una speranza. E seppur nella Roma palazzinara (spogliata di molti gioielli architettonici) si chiosa sarcasticamente dicendo che “Walter non vende sogni, ma solide realtà”, il sindaco d’Italia è quello che per ora parla meglio di tutti e convince. E su questo si è incentrata la nuova campagna elettorale. Vendere un’Italia nuova. “Non pensare a quale partito, pensa a quale paese” sta scritto sui manifestoni stradali. E allora, potendo scegliere, si guarda alla Svezia, alla Norvegia, ma anche – per i meno ottimisti – all’Uganda come recitava Gaber. Insomma, il messaggio è che una lingua di terra bagnata dal mare non è che un hardware. La differenza tra noi, la Svezia e la Norvegia sta nel software e loro ce l’hanno. Yes we can! E ce lo possono vendere. E infatti è sul web che il Pd è vincente. Nei sondaggi telematici (fonte il Corriere della sera) Veltroni sta davanti al Berlusca re dell’era analogica, ma carente sul digitale. Su Youtube impazza il video Yes we can, in cui l’inno scritto da Jovanotti fa da colonna sonora ad una galleria di foto veltroniane che per culto della personalità arrivano quasi al livello dell’opuscolo Una storia italiana che il buon Silvio mandò a tutto l’elettorato nazionale ai tempi d’oro. Ma vuoi mettere oggi Youtube con un fascicoletto? E’ come fare giornaletti porno contro internet. Non c’è più battaglia. Ma la guerra invece continua ad impazzare, e vi si fa ricorso prima possibile, anche senza mettere mano alle regole d’ingaggio, a costo di tenersi una legge elettorale reputata pessima e paralizzante da entrambi gli schieramenti. Ma il mercato è così, non vuole regole. E allora giù a botte di pubblicità. In questo scenario sono avvantaggiati i professionisti dello spettacolo. Berlusconi qualche ora fa pensava a candidare Aida Yespica e Beppe Grillo ha pronte le sue liste civiche per giocare a diventare presidente come nel film L’uomo dell’anno (con l’eccezione che Robin Williams non apostrofava le masse gridando “Ittaliani!”). E se la reclame è l’anima del commercio anche chi non ha un passato da ballerina di fila o da Gabibbo si mette a studiare serio Stanislavkij per essere convincente e nella piena consapevolezza di star recitando una parte (almeno i politici ce l’hanno sicuramente), si convincono delle loro stesse parole, delle tesi bislacche tirate su ad arte per coprire tutt’altri interessi, e piangono, ridono, si insultano, addirittura si fanno cogliere da malore e svengono nel salotto di Vespa o nell’aula del parlamento divenuto ancora una volta un “bivacco di manipoli”. E l’elettorato osserva. Alla fine, come sempre comprerà qualcosa che non vuole. Una parte comprerà qualcosa che credeva di volere: la Svezia, la Norvegia, il famoso pacco napoletano, ma saranno felici lo stesso anche solo di averlo sognato. |