Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 1 Numero 12 Del 25 - 3 - 2008 |
Danza e lavoro |
Editoriale |
Mariateresa Surianello |
Avremmo voluto raccontare oggi l’accoglimento delle istanze che il mondo della danza e delle arti performative sta, ormai da molti mesi, sollevando col tavolo nazionale e con la nascita di un movimento di artisti e operatori di diverse generazioni (ne davamo conto sul numero 4 de La differenza). E invece dobbiamo qui riportare lo stallo totale registrato nelle ultime settimane. La caduta del governo Prodi ha provocato – ingiustificatamente – il blocco della Direzione Generale dello Spettacolo sul fronte normativo e la tenue promessa di una circolare, che emendasse quel famigerato articolo 3 del Decreto Ministeriale per la Prosa, è svanita tra le pieghe di questa estenuante campagna elettorale. Come se teatro, danza e arti performative non rientrassero nell’ordinaria amministrazione dello Stato. Al di là della contraddittorietà dello stesso Decreto che all’articolo 2 prescrive l’interdisciplinarità tra le arti, la normativa in vigore lascia nelle mani dei pochi illuminati direttori di teatri Stabili e Stabili di Innovazione la discrezionalità di programmare nelle regolari stagioni spettacoli di danza. Naturalmente, senza rendicontarne al Ministero le spese sostenute. Se non fosse scritto nero su bianco in Gazzetta Ufficiale sembrerebbe una butade.
Con quale logica siano stati predisposti tali strumenti di erogazione dei finanziamenti non riusciamo a coglierla, senza ricorrere a “maliziosi” pensieri, né comprendiamo la strategia complessiva di un simile operato che, se non verrà corretto in tempi rapidissimi – siamo alla fine di marzo - rischia di compromettere i cartelloni teatrali fino al 2010. Andando, così, da un lato, a privare gli spettatori di un’offerta culturale differenziata e, dall’altro, a costringere la danza e le arti performative nelle abituali riserve “protette” di rassegne e festival. L’unico elemento che appare chiaro è che la giovinezza non dipende dall’età anagrafica, se il direttore generale, Salvatore Nastasi, non ha potuto confezionare nulla di meglio per quest’ampia fascia di lavoratori dello spettacolo. E quello che è peggio è che questo giovane direttore, rimasto a via della Ferratella come retaggio del governo Berlusconi con l’arrivo di Rutelli alla Cultura, non colga la spinta culturale che ha condotto una grossa fetta della danza italiana ad organizzarsi in coordinamenti regionali e subito a dare vita a un tavolo nazionale. Si denota, anche in questo settore, un grosso scollamento con le necessità della società civile, con quella base di lavoratori dell’arte che crea l’eccellenza italiana. C’è una nuova generazione artistica che caparbiamente ha deciso di restare in Italia per rimuovere l’ingessatura al nostro sistema teatrale, a fronte della grande emigrazione degli ultimi due decenni. Ma il dialogo con le Istituzioni procede a singhiozzo, sembra manchi la volontà politica di avviare il cambiamento. Non è casuale che la parola “cultura” sia assente dai discorsi di questa campagna elettorale, provocando un insopportabile «vuoto» - lo definisce Giovanna Velardi, giovane coreografa e danzatrice siciliana – una delle promotrici del tavolo nazionale - che in Italia vorrebbe tornare e trovare accoglienza e visibilità, dopo l’esperienza francese. Contro questa intollerabile distrazione della politica e per far sentire la loro voce, gli artisti e gli operatori del tavolo nazionale stanno organizzando a Roma, per i primi di aprile, un grande incontro della contemporaneità, in un luogo simbolico per la cultura italiana, che vorremmo diventasse un segnale chiaro del nuovo corso intrapreso da alcune istituzioni teatrali. Il mondo della danza e delle arti performative, forse per la prima volta, sta conducendo una battaglia per il riconoscimento dei propri diritti - a cominciare da quello di esistere. Ma se a livello collettivo gli incontri programmatici si susseguono, tra i singoli artisti è forte il timore che le tante iniziative avviate recentemente restino momenti isolati, eventi effimeri e straordinari. Tali pensieri sono raccolti da La differenza, che in questo numero speciale si impegna a monitorare, con il sostegno diretto dell’Ente Teatrale Italiano, il progetto inter-regionale “Spazi per la danza contemporanea”, che lo stesso ETI sta curando nel Lazio, in Piemonte e in Campania. Un impegno che la nostra redazione ha assunto fino a giugno (con altre due uscite dedicate) come occasione di riflessione, non solo critica, ma intorno ai processi creativi e organizzativi dello spettacolo contemporaneo. |