Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 1 Numero 15 Del 14 - 4 - 2008 |
La fiaccola nelle mani di Dio |
Editoriale |
Gian Maria Tosatti |
I guerrieri, fratello, i guerrieri del sogno che ti narrai…
(A. Mutis) A guardare bene c’è molto di più di quello che si vede. E’ più o meno questo che viene da pensare se ci si sofferma un attimo sulla sofferta traversata mondiale della fiaccola olimpica. Attacchi e contrattacchi, teste di cuoio dei servizi cinesi, polizia, intelligence, manifestanti e star hollywoodiane. Lo scenario descrive tutt’altra storia. E il motivo è uno. La fiaccola - che tappa dopo tappa cerca di disegnare una cintura attorno al mondo - è cinese. E il suo viaggio coincide con un'altra espansione parallela, quella del potere economico e politico dell’Impero di Mezzo, che impone dolcemente la sua solida egemonia. Premesso che alle Olimpiadi, dei profondi significati di pace e concordia che dall’antichità ne guidarono la rifondazione secondo de Coubertin, oggi non rimane che un mero interesse economico legato ad investimenti strutturali e a visibilità pubblicitaria, la cosa non sembra neppure strana. Nel mondo globale che strappa veli di Maya uno dopo l’altro – talvolta addirittura esagerando – il re è sempre nudo e il gioco non può che essere scoperto. Allora il patrimonio ideologico delle olimpiadi finisce per diventare paccottiglia come quello del comunismo cinese, della libertà americana e di tutte quelle cose a cui non crede più nessuno perché nessuno si impegna nemmeno più a pretenderle vere. E in questo quadro la fiaccola olimpica diventa la fiaccola dell’espansionismo cinese che cerca di cingere il globo in una stretta irresistibile. Le olimpiadi sono passate in secondo piano, anzi sono sparite. Nelle piazze di tutto il mondo si cerca di fermare la fiaccola della Cina, si cerca di spegnerla, di abbatterla neutralizzando il cordone di agenti e di pulmini governativi. La fotografia che si vede non ha niente a che vedere con lo sport, col Cio e con tutte le istituzioni inutili che assegnano onori a questa o quella città (vedi per ultima Milano) coprendo di belletto le speculazioni delle une o le mire espansioniste delle altre. La fotografia che si vede è quella di un asfittico, sfinito movimento planetario di persone che credono ancora nella storia di Davide contro Golia e che scendono in piazza per contenere l’avanzata del gigante cinese dando sponda all’ispirato piccolo Tibet, coi suoi monaci diventati guerrieri arrangiati. E’ difficile nel XXI secolo dire cosa sia una guerra, una guerra vera, di quelle coi partigiani per intendersi. Dopo diverse guerre fasulle, dove le armi e i morti erano una copertura per azioni giocate su altri campi, diventa oggettivamente complicato orientarsi. Ed è anche vero che i giovani, quelli in età da soldato, oggi sono lontani da piazza Tian’anmen perché «sono troppo impegnati a lavorare per sopravvivere», come dice un famoso politologo cinese che però potrebbe essere anche italiano, americano, francese. Eppure nelle piazze greche, inglesi, francesi, panamericane, sembra davvero che si stia combattendo una strana guerra senza eserciti. Una guerra di partigiani. Che non hanno bisogno di partire come per la Spagna nel ’36, ma si muovono nelle loro strade per dimostrare che a prescindere dagli equilibri internazionali e dalle mezze parole dei presidenti, le società civili di molti paesi del mondo contrastano decisamente le repressioni antidemocratiche e si schierano in piazza, coi muscoli ma senza armi, per difendere principi fondamentali come l’autodeterminazione dei popoli. In questa singolare guerra dei poveri e degli impotenti, ovverosia dei cittadini completamente trascesi da una reale possibilità di incidere nei grandi movimenti della politica internazionale ci sono valori per cui lottare, per cui, com’è successo, anche farsi arrestare. E ci sta pure che un uomo tarchiato, grassoccio, controverso come i papi medievali sospesi tra altezze e bassezze, un uomo chiamato Diego Armando Maradona, si rifiuti di concedere all’avanzata della fiaccola dell’imperatore cinese la stretta della Mano de Dios. |