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Un'immagine da "Mappazerosette" di Daniela Paci

Anno 1 Numero 23 Del 16 - 6 - 2008
Istantanee in sequenza
Torino ha presentato sul palco della Cavallerizza i suoi gioielli della danza

Mariateresa Surianello
 
L’inverno e la primavera che ci stiamo lasciando alle spalle saranno da ricordare per la danza italiana. Per la prima volta si è realizzato un progetto istituzionale dedicato all’arte di Tersicore, che ha messo in relazione organismi e attività di tre regioni, creando un modello di intervento “dall’alto” basato sul dialogo tra Ente centrale e Amministrazioni locali. Mosso dal Patto Stato-Regioni, il ruolo di coordinamento sostenuto dall’Ente Teatrale Italiano si è mostrato essenziale in questa prima fase di attivazione degli “Spazi per la danza contemporanea”, una funzione che andrebbe richiesta da altre Regioni, proprio a partire dalla variegata esperienza condotta in questi mesi nel Lazio, in Campania e in Piemonte. In quest’ultima regione il progetto di promozione ha assunto dinamiche generose e spregiudicate, andando a commissionare nuove opere a gruppi e singoli artisti, anche “emergenti”, attivi sul territorio, per poi proporle in una vetrina importante, accolta nella prestigiosa cornice della Cavallerizza Reale, a Torino. In tre giorni (8, 9 e 10 aprile), nove allestimenti coreografici hanno debuttato in forma di studio, disegnando un ampio panorama delle realtà creative stabilmente operanti in quest’area. E, in particolare, con i cinque lavori di artisti “emergenti” si è offerto un pacchetto danza Piemonte che permette ora di fare il punto a diversi livelli, non ultimi su due requisiti imprescindibili alla buona riuscita del progetto: qualità e innovazione.
Affollatissima, anche di operatori stranieri, la kermesse si è aperta con il Balletto Teatro di Torino, navigata formazione diretta da Loredana Furno, che ha affidato la nuova composizione, White Lux, a Matteo Levaggi, coreografo della compagnia già da alcuni anni. Un lavoro che attinge ai codici neoclassici, per immergerli in una macabra doratura scenografica data dalla collaborazione col duo Corpicrudi. Balletto che non colpisce lo sguardo nonostante l’ostentata ricerca formale, né lascia tracce indelebili nella memoria. Di completamente altro sapore è Oh Heaven (il paradiso possibile), presentato in forma parziale dalla Compagnia Tardito-Rendina con sapiente e giocosa ironia. Qui la danza si scioglie in una libertà di movimento assoluta, con una gestualità più vicina al lavoro d’attore che a quello del danzatore. In un’atmosfera da dopo-festa, il terzetto in scena (Claudio Conti, Aldo Rendina e Federica Tardito) si prodiga in una sequela di piccole vicende grottesche, tra palloncini colorati e ovatta bianca, che può servire anche come coppia di ali posticce, per un impossibile volo su quell’invisibile confine che nell’esistenza umana separa il bene dal male. Ancora davvero acerbo, anche nell’esecuzione, è apparso il lavoro di Daniela Paci con la sua compagnia L’artimista, Mappazerosette. Una cantante accompagna quattro danzatrici che agiscono spesso in assoli poco legati l’uno con l’altro, c’è chi si concede passaggi in un moderato hip hop e chi accenna brevi adagi, in una ricerca narrativa che resta un’intenzione.

Con altri due “emergenti” (che con Tardito-Rendina e Paci fanno quattro) è proseguita il 9 aprile “Spazio Piemonte”, con Gabriella Cerritelli – le virgolette sono d’obbligo per liberare la definizione da strettoie anagrafiche – e il suo Mara’s Attack, impiantato nella prima parte in un suggestivo grande cono creato da Paolo Grassino, all’interno del quale la danzatrice articola un movimento strisciante e in lotta contro la forza di gravità che la schiaccerebbe sul fondo. Mentre dagli altoparlanti fuoriescono stridori e rumori che sembrano prodotti dal movimento del corpo su quella superficie concava. Avrebbe potuto chiudere qui la performance e, invece, Cerritelli uscita di scena vi rientra con indosso una sorta di candido tutù per una seconda parte che poco convince.
Concisa nel tempo e nell’idea che si propone di sviluppare, Ambra Senatore in poco più di quindici minuti dà vita al primo studio di Maglie, forse, uno dei pezzi più riusciti delle giornate torinesi – almeno in questa sua prima sintetica forma. Nella breve partitura, tra ferri da calza che si infila tra i capelli, su un pavimento bianco interamente ricoperto da una tessitura a maglia, Senatore crea un’atmosfera surreale, evoca antichi gesti e memorie private, e contiene la mimica facciale, prima di lasciarla esplodere in smorfie esagerate nel finale. Di impostazione schiettamente accademica è invece Ombra mai fu, la nuova creazione di Paolo Mohovich con il Balletto dell’Esperia, compagnia attiva da un decennio e da un paio d’anni in residenza proprio alla Cavallerizza Reale. Con una forte tensione narrativa la composizione disegna un vivere quotidiano schematico e omologato da svolazzanti spolverini in plastica da imballo. Trasportati sulle note di Haendel, gli otto danzatori avviano un processo di riavvicinamento alla natura, che trova nella tecnica classica la base per evoluzioni liberatorie pulite, ma forse poco sorprendenti, per la specificità del contesto torinese. Da un altro tema di grande attualità, sviluppato sulla traccia letteraria del marocchino Mohammed Lamsuni, prende forma Porta Palazzo mon amour della Compagnia Teatro Nuovo. Coreografato da Antonio Della Monica, questo spettacolo multietnico, che ha il respiro di un dramma musicale, sembra procedere elidendo l’assunto di partenza, cioè la convivenza pacifica nella diversità culturale. Le scene di danza sembrano raccontare l’amore impossibile tra una coppia mista e, nel pathos crescente, appare anche indubbia l’arretratezza dei costumi africani.
Interamente calato nella dimensione privata e introspettiva è Ownlife, proposto dalla coppia di coreografi “emergenti” Michela Pozzo e Paolo Data-Blin. Un tentativo di affrancarsi dalle regole borghesi reso tangibile da quelle maniglie sull’abito che imbrigliano la danzatrice nella prima parte del lavoro. L’idea è buona, ma il movimento è meccanico, quasi una ginnastica preparatoria a una danza che non arriverà. Fluida e ondeggiante si presenta, invece, a conclusione della tre-giorni torinese, ...Ed è subito sera della Compagnia EgriBiancoDanza, filiazione degli storici Balletti di Susanna Egri, ancora oggi alla direzione del gruppo, accanto il coreografo Raphael Bianco. Ispiratosi ai versi di Quasimodo, Bianco porta i danzatori a muoversi come fossero sospinti dal vento. Sembrerebbe una piccola e malinconica comunità marinara, sorpresa in un’intimità ordinaria e fluttuante, tutta immersa nei colori della terra arsa dal sole che tramonta. La costruzione coreografica sembra privilegiare i corpi maschili che sono messi alla prova con variazioni di forte impronta classica sulle musiche di Ivan Bert, giovane compositore piemontese.

Nove nuove produzioni hanno visto la luce in un luogo teatrale adattissimo alla danza e facilmente spendibile sul fronte della comunicazione. Uno spazio, la Cavallerizza Reale, che offre grande visibilità agli artisti in una città che nell’ultimo lustro ha attraversato la danza, anche internazionale, con le ricche stagioni dirette da Gigi Cristoforetti, tra il Teatro Regio e le Limone Fonderie Teatrali. Una città privilegiata, Torino, rispetto alle province piemontesi, nelle quali scarseggia sia l’offerta di spettacoli di danza, sia la presenza di realtà creative e produttive legate ai linguaggi del corpo. Una carenza che forse si dovrebbe iniziare a sanare nel corso delle prossime tappe di questi “Spazi per la danza contemporanea”. Comunque, chi ha partecipato all’evento può giudicare se l’esperimento di aprile alla Cavallerizza sia riuscito. Per prima giudicherà la committenza, seguita dagli operatori italiani e stranieri, chiamati a Torino, si suppone, per acquistare le nuove opere e farle circolare sui propri territori. Non c’è molto tempo per aggiustare il tiro, il progetto è triennale e si concluderà nel 2009.