Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 1 Numero 25 Del 30 - 6 - 2008 |
Il monito di Euripide |
A Lecce, per Ecumenes Koreja debutto con il suo nuovo spettacolo, La passione delle Troiane |
Mariateresa Surianello |
Mentre ci si interroga sullo stato di crisi dei festival estivi e tout court sulla validità di una tale formula per indagare e promuovere le nuove produzioni teatrali, Koreja, nella sua Lecce, realizza la seconda edizione di Ecumenes, definendolo Cantiere Internazionale delle Arti. Non si tratta certo di questione terminologica, anche se la parola cantiere evoca quella condizione in continuo divenire insita nelle arti sceniche. E poi è parola cara al gruppo Koreja - animato da Salvatore Tramacere alla direzione artistica e da Franco Ungaro a quella organizzativa - che proprio “Cantieri teatrali” ha chiamato la ex fabbrica di mattoni convertita in grande spazio per il teatro, a due passi dal celeberrimo e abbagliante centro storico. Inaugurato lo scorso anno nel sito archeologico di Egnatia (nei pressi di Fasano, in provincia di Brindisi), Ecumenes è entrato per dieci giorni (dal 19 al 28 giugno) nel cuore barocco della città, portando gli spettacoli tra le pietre millenarie del Teatro Romano, incredibilmente lasciato in abbandono e ripulito dalle erbacce proprio per questa occasione che già nel sottotitolo esplica la sua specificità: Antico e futuro tra i luoghi di Mnemosyne. E’ la personificazione della Memoria, mitica figlia di Urano e Gaia, a guidare il dialogo tra Grecia e Italia, alla ricerca delle comuni origini e delle differenze culturali, per guardare al nostro presente con la coscienza data dalla conoscenza reciproca. Ecumenes (Eredità culturali del Mediterraneo nelle eccellenze storico-architettoniche) nasce come progetto europeo Interreg IIIA Grecia – Italia, con lo scopo di alimentare gli scambi tra persone e organismi culturali e amministrativi e ne è promotrice la Regione Puglia, in collaborazione, tra gli altri, con l’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce e l’Azienda Promozione Turistica di Lecce. Forte della sua esperienza Koreja, che da diversi anni è divenuto Stabile di Innovazione del Salento, ne cura la direzione artistica, imprimendo un’attenzione particolare alla creazione teatrale. Accanto alla presentazione di cortometraggi, agli incontri con artisti e studiosi e ai concerti, la compagnia leccese ha proposto anche un fitto calendario di spettacoli legati al mondo classico, da Dioniso e Penteo del Teatro del Lemming di Rovigo alla Favola di Orfeo che il Tib Teatro di Belluno racconta ai giovani spettatori. E all’eredità di quel mondo, riletto da sguardi contemporanei, come è per la sinergia creatasi tra l’Attis Teatro di Atene, con il suo direttore e regista Theodoros Terzopoulos, e Paolo Musio, entrambi impegnati sulla scena di Desert, proposto in esclusiva nazionale. Ai Cantieri ne abbiamo spiato un frammento in prova di questo inusuale duetto attorale, tratto dal testo La persuasione e la rettorica di Carlo Michelstaedter, in cui fanno intrusione i canti di un piccolo coro griko di soli uomini. E le sonorità grike, del greco d’Italia, antica lingua della Magna Grecia (parlata in alcuni comuni del Salento e nella punta estrema della Calabria, la Bovesia – insieme compongono la minoranza linguistica grecanika riconosciuta dallo Stato), ma femminili, sono invece recuperate nella nuova produzione di Koreja, ideata da Salvatore Tramacere e dallo stesso firmata, insieme con Antonio Pizzicato, regista-attore da tempo concentrato in una ricerca sul ritmo e proprio sulla musicalità della parola, portata sul limite del cantato. Una regia a quattro mani per questa Passione delle Troiane che, dopo il debutto a Lecce il 24 giugno e le repliche di Belluno e Trieste, partirà alla volta della Grecia per approdare a Preveza, nel sito archeologico di Nikopolis, l’1 e il 2 luglio. Lavoro che torna ad assumere la forma dell’opera concerto, come spesso è accaduto negli spettacoli di Koreja, dal memorabile Acido fenico (con i Sud Sound System) a Brecht’s dance (con Raiz degli Almamegretta), giusto per citare due belle interpretazioni di Ippolito Chiariello. In una Troia ormai sconfitta e in fiamme, le protagoniste del dramma, forse più pacifista, di Euripide sono le donne, signore di una città e di un mondo perduto, ormai schiave dei greci devastatori e vittoriosi. Di nero vestite, Ecuba, Andromaca e Cassandra sono già al centro della scena, intorno al piccolo Astianatte, a piangerlo quel loro morto, ultimo e più atroce delitto di una guerra che come tutte le guerre fa vittime innocenti, e distruzioni insanabili con la fine del conflitto. Gettato da una rupe per distruggere la stirpe del glorioso Ettore, il fanciullo giace su una lettiga inclinata, formata da larghe doghe tra le quali l’attore (Fabio Tinella) scivolerà più volte impadronendosi dell’azione. Il dolore e l’impotenza dominano la scena, abitata da attori, cantanti e musicisti in una coralità da dramma popolare, scevro però da ogni sentimentalismo e psicologismo. La vicenda si sviluppa attraverso l’aritmetica esposizione dei fatti per divenire tragedia universale del dolore umano, finanche andandosi a sovrapporre alla morte di Gesù Cristo e alla umanissima disperazione della madre Maria, così come da Iacopone da Todi arrivando a Pasolini è stata raffigurata e riconsegnata nella sua assolutezza. Ed è una composta Ninfa Giannuzzi, storica cantante della Notte della Taranta, a dare voce in una sorta di recitar cantando ad Andromaca, femmina usurpata come le altre donne del suo popolo, sacrificate sugli altari della guerra degli uomini. La stessa Cassandra di Angela De Gaetano (impegnata nelle scorse settimane nella tournée di Koreja col pinteriano Calapranzi), nonostante gli spasimi del suo vaticinio, esegue la partitura drammaturgica con moderazione e distaccato trasporto. Come il Coro di Emanuela Gabrieli e fino alla regale Ecuba di Silvia Ricciardelli che, sciolto il manto di capelli biondi, sembra svestire i panni della sovrana e farsi madre e nonna dolorosa di un’intera umanità preda del delirio di distruzione. Mentre i tre musicisti (Vito de Lorenzi alle percussioni, Riccardo Marconi alla chitarra e Admir Shkurtaj alla fisarmonica) si mescolano alle donne, l’altro Coro di Gianni De Santis, tra griko e italiano, talvolta sembra interpretare i passi euripidei di Taltibio, l’araldo che ha il compito di riportare ad Andromaca il corpo del figlioletto Astianatte. Sul fondo, quattro pannelli fanno da schermo che riproduce immagini di paesaggi sfocati, nei quali paiono distinguersi particolari di alberi o di sassi, prima di sciogliersi in un uniforme rosso sangue, quando il corpo innocente viene riconsegnato alle donne troiane. Queste donne, come non pensare che siano nostre coeve: palestinesi, afgane, irachene...? Chiuse sul fronte da una linea di grossi sassi, su cui tenterà invano di camminare Astianatte nel finale, le donne si raccolgono intorno al loro morto, di nuovo con la partecipazione distaccata delle prefiche, in un crescendo di moroloja, il lamento funebre della Grecia salentina, accompagnato da piccoli e cadenzati gesti del capo e delle mani che strizzano e tendono fazzoletti bianchi. Una codificazione rigorosa del movimento che ricorda l’uso del ventaglio nel teatro nō, moltiplicata dalle immagini che iniziano a comparire sul fondale. Sono i veri volti delle donne grecanike, chiamate nei lutti con le loro moroloje e conservati nel film di Cecilia Mangini, a chiudere La passione delle Troiane, che ancora oggi a Lecce – come nel 415 a. C. ad Atene - si alza a monito contro tutte le guerre. In teatro: Koreja, La passione delle Troiane. Preveza (Grecia), Teatro di Nikopolis. Dal 1 al 2 luglio In libreria: Cecilia Mangini e Mirko Grasso, Stedalì (film + libro), ed. Kurumuny 2005, 12 euro. |