Fiorenza Menni
Fiorenza Menni

Anno 1 Numero 26 Del 7 - 7 - 2008
Potere prendere il potere
Un dialogo con Fiorenza Menni sul nuovo assetto istituzionale del Festival di Santarcangelo

Mariateresa Surianello
 
Ci voleva il tracollo definitivo dei suoi vertici per riportare l’attenzione su Santarcangelo dei Teatri. Dopo la delusione degli ultimi anni, il collasso provocato dalle dimissioni di Olivier Bouin - discusso e discutibile, fin dalla sua nomina, direttore artistico dello storico festival romagnolo - ha innescato un circolo virtuoso di relazioni, che alla vigilia di questa 38ª edizione si sta configurando come spazio autogestito, un incubatore di voci degli artisti. Voci troppo spesso trascurate e disperse tra gli equilibrismi di quei pur miseri poteri politico-economici destinati alle arti sceniche e tuttavia dimentichi del valore alto e sfaccettato di cui sono portatrici le azioni degli artisti. Sono proprio questi ultimi che a Santarcangelo stanno preparando un progetto pilota, una gestione di festival tutta da sperimentare, che parte dal basso e che potrebbe rinnovare la stessa formula festival. Certo non è casuale che sia la più vecchia esperienza festivaliera italiana vocata alla ricerca a conclamarsi esaurita e a tentare nuovi percorsi di aggregazione verso una sua riformulazione. Intorno alle due compagnie coprodotte quest’anno, Teatrino Clandestino e Fanny & Alexander, si sono riuniti non solo i compagni della loro “Romagna felix”, ma molte formazioni radicate in mezza Italia, in una sorta di auto-investitura di un “potere senza potere”. A partire da quest’auto-ironia del titolo del progetto 2008, ne abbiamo parlato con Fiorenza Menni, attrice del Clandestino, entusiasta delle possibilità che questa crisi sta fornendo alle compagnie e – si spera – ad amministratori e politici.

La curiosità verso il vostro progetto è suscitata già dall’ambiguità del titolo, “Potere senza potere”. La parola potere si può leggere sia come verbo, sia come sostantivo, ribaltandone il significato?

In una situazione complicata come quella di Santarcangelo è importante ciò che puoi fare rispetto a e quello che è il tuo ruolo di potere. Abbiamo voluto sottolineare questo gioco nel momento il cui abbiamo deciso di dare un segno forte, tanto quanto la nostra presenza e la nostra passione per il teatro. E’ il riconoscere sempre la grande difficoltà che i luoghi che possono ospitarci e produrci hanno di esistere. Gli artisti in questa vicenda hanno un ruolo importante, anche se non possono decidere le politiche culturali di base, siamo coloro che le sostanziano. Sto parlando a nome di tutti gli artisti presenti al festival e di quelli che sono stati presenti nel passato o lo saranno nel futuro.

Come si è coagulato intorno alle vostre due compagnie questo gruppo che avete chiamato coordinamento provvisorio?

Molto semplicemente. Quando il direttore ha dato le dimissioni, dopo qualche giorno il consiglio di amministrazione ci ha convocati, dicendoci che era loro intenzione far svolgere l’edizione, mantenendo gli impegni verso le compagnie coprodotte, noi e Fanny & Alexander. Non fare il festival sarebbe stato molto peggio, anche per loro. Avrebbe creato loro un grosso problema di equilibri e di relazioni con la Regione, la Provincia... A noi immediatamente è venuto in mente di proporre qualcosa che potesse dare a questa edizione, che sembrava a rischio di sostanza, oltre alle nostre opere, qualcosa che fosse a sostegno del concetto di resistenza del festival.

Non avete mai avuto la tentazione di lasciarlo affondare questo festival? Sarebbe stato un atto di rottura, una presa di distanza, e invece avete teso una mano a un agonizzante.
Certo, ci si pensa sempre in situazioni che appaiono ambigue e nebulose. Però, Santarcangelo non ha bisogno di affondare, ha bisogno di essere rifondato.

Siete stati più “coscienziosi” di chi vi ha preceduto.

Come spesso gli artisti lo sono. Nelle grandi attività, nei grandi eventi gli artisti sono fondamentali nella proposizione delle possibilità, delle sopravvivenze, delle esistenze o delle resistenze di questi grumi di rappresentazioni.

Al di là dei formati e dei contenitori, che possono essere discutibili.
Ci abbiamo pensato parecchio, c’è stata una grande discussione. Però un festival morto... no, non deve essere così, noi artisti siamo vivi. I festival devono presentare le opere e le opere ci sono in Italia. C’è un fermento che va sostenuto e va messo in attivo. Ed è per questo che così tante compagnie con un entusiasmo meraviglioso stanno aderendo. Al di là delle poetiche e delle politiche individuali, su questo ci stiamo trovando a livello nazionale in accordo. C’è una grande armonia.

Qual è stato il peggior tradimento di Santarcangelo nei confronti degli artisti e del pubblico - lasciamo fuori la critica - ?
Stiamo parlando di un piccolo festival che per sopravvivere da sempre fa una fatica incredibile. Non stimo parlando di un grande stabile o di un ente lirico. Questo ti pone una difficoltà quotidiana. Se fai degli errori, sono immediatamente visibili. E’ questo il male di Santarcangelo. Nelle difficoltà sono stati commessi degli errori. Nei tentativi di fare sono stati compiuti dei salti che poi non sono stati supportati coraggiosamente. Quindi hanno portato al risultato contrario. Non c’è stato niente di “strano”. Si è solo provato a fare dei passi che non si sarebbero dovuti fare. Non si doveva tentare un festival internazionale, quando ci sono problemi insostenibili, e per sostenerlo sono stati provocati dei disastri alle compagnie, sono queste che negli anni hanno pagato i disastri. Un’idea forte di direzione artistica non hanno ancora avuto il coraggio di portarla avanti. Non so se nelle prossime edizioni sarà possibile, però ora la voce degli artisti è fondamentale.

Certo, bisognerà aspettare gli esiti di questa edizione sperimentale?
E’ un’edizione acefala, da una parte, ma dall’altra si sta riempiendo delle teste migliori, quelle che pongono i contenuti.

Cosa vi attendete che accada dopo, vi state interrogando sull’edizione del prossimo anno?

Sì, è una discussione che già esiste, in maniera profonda, con i poteri emiliano-romagnoli. Il massimo interesse è rivolto alla Regione, che è la maggiore finanziatrice del festival e ha la più alta voce in capitolo sulle sue sorti.

Vi proporrete subito come interlocutori?

No, non per una direzione futura, il Teatrino Clandestino non ha al momento questa vocazione.

Allora, vi immaginate come scenario possibile una direzione collegiale?

No, questa collegialità è determinata da una situazione eccezionale. Come eccezionale è che un direttore vada via a poche settimane dall’inizio del festival. Ci auguriamo che la Regione e la Provincia, insieme al consiglio di amministrazione arrivino a concepire una buona direzione che tenga conto del caos degli anni passati. E su questo stanno lavorando. Sandro Pascucci (presidente del CdA di Santarcangelo dei Teatri, ndr) e l’assessore Ronchi (alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, ndr) sono al corrente di tutte le nostre iniziative e le stanno sostenendo... I disastri generano delle opportunità eccezionali, la possibilità per tante compagnie di mettersi in contatto e di realizzare una discussione comune su un festival significa creare l’opportunità per una riflessione sul teatro. Questa è una cosa interessante e importante, perché vuol dire possibilità e visibilità per il teatro italiano.

Da un’emergenza si è generata un’occasione di conoscenza...
Sì, da un disastro è nata una conoscenza per i gruppi e per altre visioni. Oltre alla giornata del 13 luglio con l’incontro “Potere senza potere”, ci saranno i “rilasci lenti” per i quali abbiamo invitato direttori e operatori a parlare, a interrogarsi sul senso di un festival e di una direzione artistica. Sono persone che hanno a che fare in maniera molto profonda con l’organizzazione. Abbiamo scelto una forma che ci è più vicina, quella della riunione del pubblico in pre-spettacolo. Noi abbiamo la nostra storia del festival, ma le storie sono tante. Stiamo raccogliendo pensieri critici, passionalmente presuntuosi. Se quest’anno non c’è una direzione artistica questi “rilasci lenti” vogliono anche fornire un pensiero che resti, come dire “ricordatevelo per la prossima edizione”. Sarà tutto raccolto da Altre Velocità, questi pensieri non andranno dispersi. Un’altra cosa che a me sta piacendo moltissimo di questo bruttissimo incidente è che stiamo dialogando in maniera trasparente, nel senso che stiamo dividendo bene i diversi livelli, quelle che sono le decisioni di un assessore, rispetto alle visioni delle giovani compagnie. Intorno al tavolo di un convegno questo non accade, si pongono sempre dei veli, si creano dei filtri. Invece negli incontri di organizzazione di “Potere senza potere” si sta creando un approfondimento sulla questione, sia ai livelli più complessi del potere, sia a quelli più ingenui ma pieni di sostanza di tutti noi.