Il coniglio Assud durante una delle puntate della trasmissione
Il coniglio Assud durante una delle puntate della trasmissione "Pionieri del domani"
Il coniglio Assud assieme alla piccola Saraa
Il coniglio Assud assieme alla piccola Saraa

Anno 2 Numero 05 Del 9 - 2 - 2009
Leave them kids alone!
Lo stupro dell’immaginario #2: La morte del coniglio Assud

Mariateresa Surianello
 
Mentre il suo storico modello statunitense Bugs Bunny si vendica con perfidia delle cattiverie ricevute, Coniglio Assud alza il tiro e inneggia alla jihad dagli schermi di Al Aqsa, la tv di Hamas che trasmette dalla Striscia di Gaza. Un pupazzo animato a grandezza umana che prende vita nelle fasce orarie destinate ai bambini, accanto alla piccola Saraa, una undicenne col velo che fa da spalla alle sue inquietanti apparizioni televisive. Fino alla sua ultima comparsa, i primi di gennaio, intubato e morente in un letto d’ospedale, vittima anch’esso dei bombardamenti israeliani. Ovviamente Assud muore - come altre migliaia di disgraziati abitanti di quella terra - ma in diretta, a uso e consumo dei giovani telespettatori arabi (non a caso Al Aqsa è stata oscurata sul saltellite di trasmissione in Europa). Non prima però di aver pronunciato con una vocina stridula la sua terribile arringa antisionista e scucito dalla bocca della povera Saraa l’impegno ad armarsi contro il nemico per la riconquista di tutte le città della Palestina, compresa Tel Aviv. Un quadretto girato in un piccolo studio - davvero bombardato dall’esercito israeliano – come fosse una misera televendita di un prodotto tanto inutile quanto facile da piazzare, condotta da un’imbonitrice bambina nei cui occhi si è spenda ogni luce di speranza. Quando si alza dal capezzale dell’ormai defunto coniglio, la piccola con freddezza guarda dritto la telecamera, lanciandosi in un proclama di morte. Come in trance si cala nei panni della Pioniera del domani, una dei tanti, troppi bambini, di quell’esercito indotto ad immolarsi nel nome di Allah.

Coniglio Assud non è il primo pupazzo martire uscito dagli schermi di Al Aqsa, prima del suo arrivo i bambini palestinesi hanno subito la tragedia di Nahul, un’ape che muore disperata in un letto di Gaza dopo aver tentato di uscire da quella prigione a cielo aperto, che è la Striscia, per procurarsi cure mediche adeguate. Un’altra vittima dei check point isrtaeliani, certo, l’elemento realistico sussiste in tutte queste storie violentissime, che narrate dalla tv dei ragazzi è come se togliessero giorno dopo giorno l’ultima possibilità alle generazioni future di immaginare qualsiasi progetto di pacificazione e convivenza. Tolgono ossigeno al presente quotidiano dei bambini, educano solo all’odio e alla vendetta.
Non sono favole senza morale, sono pezzi di realtà sbattuti in faccia a un’infanzia negata, alla quale si taglia ogni possibilità di giocare con la fantasia. E’ come se la tv pubblica italiana, “mamma Rai” negli anni 60 e 70 avesse mandato in onda i filmini animati di Don Bosco, quelli che molti si ricordano pieni di “comunisti che si mangiano i bambini”. Non che fosse in quegli anni vietata la proiezione di questi prodotti di spicciola propaganda anticomunista, ma venivano somministrati in dosi controllate e in contesti chiusi, nelle parrocchie più fondamentaliste o nei “ritiri spirituali” di preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima. In televisione trionfava però quel romantico e tenerissimo Topo Gigio, in compagnia di Mago Zurlì o di Raffaella Carrà, che non inneggiava alla lotta di classe, ma qualche pillola di dolcezza la dispensava ai ragazzacci che poi avrebbero almeno scritto sui muri “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà”.

Le immagini smaccate che Al Aqsa confeziona con pochi mezzi di produzione – quindi anche molto kitsch - e con un trasporto sadomaso non alleviano il dolore dei bambini palestinesi. Non curano le ferite della guerra, anzi, al contrario, gettano sale sulle loro piaghe, mentre scarnificano la crescita di un pensiero libero da condizionamenti. E’ proprio in gioco la libertà per quelle giovani vite di svilupparsi in quanto soggettività. E ancora peggio la libertà di immaginare un modo diverso per vivere in questo mondo.