Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 2 Numero 08 Del 2 - 3 - 2009 |
Una generazione sospesa nel vuoto |
Una conversazione col regista de “L’Onda”, Dennis Gansel |
Federico Pontiggia |
«L’idea non smetteva di tormentarmi: è possibile che nella Germania attuale, tanto liberale e rispettabile, ritorni un regime totalitario? Che ritornino il nazismo e il Terzo Reich? Cadremmo nuovamente nello stesso errore? Era una domanda interessante, ho deciso di studiarla a fondo, e portarla al cinema». Per spiegare la storia dell’autarchia, l’insegnante di un istituto superiore tedesco, Rainer Wegner, mette in pratica un esperimento, creando in classe un movimento chiamato L’Onda, caratterizzato da un particolare saluto e l'obbedienza a ferree regole di disciplina: ben presto, L’Onda governerà non solo all'interno della classe, ma sull'intera scuola. E’ L’Onda (Die Welle) – singolare omonimia con il movimento studentesco italiano – del 34enne regista tedesco Dennis Gansel (in carnet, il thriller politico Das Phantom e Napola - Elite für den Führer), caso cinematografico in patria, premio “Invito alla Scuola Holden” per la sceneggiatura al 26° Torino Film Festival e ora nelle nostre sale con Bim. Sullo schermo, la tensione all’individualismo e la conseguente solitudine della contemporaneità, giovanile e non, tedesca e globale, vengono travolti dall’onda di un totalitarismo in sedicesimi. Una potenza d’urto che trascina gli adepti nel riparo-baratro del cameratismo, in cui la volontà e la personalità dei singoli annega nel mare magnum dell’appartenenza condivisa, di una finalità comune, di un obiettivo ultimo e “egualitario”. Possibile ancora oggi creare e fortificare il dispotismo, alimentare una cieca obbedienza all’autorità, in breve, resuscitare da uno scolastico esempio di autarchia le ombre lunghe e affilate del Nazismo? La risposta, e ulteriori questioni, in questa Onda, felice commistione di logiche mainstream e intenti autoriali, spettacolo e riflessione, confezione ammiccante e materia oscura. L’Onda è basato su eventi reali? Si basa su una storia realmente accaduta nel 1967 in una scuola di Palo Alto in California, che ha ispirato il racconto del professore Ron Jones sull’esperimento e un romanzo, leggermente diverso dalla vicenda reale, che in Germania figura tra i testi scolastici: avevo dieci anni quando l’ho letto la prima volta, e mi è rimasto dentro. Traduzione fedele? Abbiamo cambiato molto, al di là della decisione di riambientarlo nella Germania contemporanea: in particolare, abbiamo “stravolto” inizio e fine del romanzo, per dare più forza alle immagini. Nell’epilogo cartaceo, non c’erano colpi di pistola, ma abbiamo creduto lo stratagemma omicidio-suicidio rendesse meglio la fine tragica che attende i ragazzi dell’Onda. Da dove sei partito per realizzarlo? I racconti di mia nonna, che si era lasciata incantare da Hitler: il Fuhrer era riuscito a far sentire tutti uguali, uniti verso un unico obiettivo, tanto che la figlia del dentista, appartenente a una classe sociale più elevata della sua, la invitava alle feste naziste. Molti oggi dichiarano che se avessero vissuto in quegli anni si sarebbero uniti alla Resistenza, ma i fatti parlano chiaro e differente: ottanta milioni di persone non lo fecero, lasciandosi coinvolgere psicologicamente dai nazisti. «Il mio esperimento - diceva Ron Jones - ha funzionato perché molti di quei ragazzi erano smarriti, non avevano una famiglia, non avevano una comunità, non avevano un senso di appartenenza, e a un certo punto è arrivato qualcuno a dirgli: io posso darvi tutto questo». Tu che ne pensi, si può davvero parlare di esperimento riuscito? In realtà, credo sia (stato) assolutamente pericoloso. Non puoi giocare alla dittatura, soprattutto a scuola: dal punto di vista educativo, l’esperimento è stato fallimentare. Per questo hai cambiato epilogo… Sentivo che L’Onda rappresentava qualcosa di cool per i ragazzi, soprattutto dopo aver scoperto che quel particolare saluto avevano incominciato a usarlo anche fuori dal set. Non che gli attori si siano fatti condizionare dalle pressioni psicologiche del film, ma durante la pausa pranzo, gradualmente, chi aveva interpretato i ragazzi coinvolti nell’Onda tendeva a sedersi insieme, separato dagli altri: curioso, se non inquietante. Quale regista tedesco,sento una grande responsabilità nel dire con chiarezza che se maneggi il fascismo, può finire davvero male. Da qui il finale, che vuole intenzionalmente creare uno shock negli spettatori. Temi che il Nazismo possa ritornare? E’ un dibattito ancora molto vivo in Germania, personalmente mi pongo la domanda dalle scuole elementari: se la risposta è affermativa, che ruolo potrei avere? Ci sarebbe quella Resistenza che è mancata durante il Terzo Reich? Non credo che oggi possa verificarsi di nuovo in Germania, ma temo un governo autoritario, come quello russo. L’opinione degli studenti? Abbiamo mostrato il film in molte scuole: tendenzialmente, più gli studenti erano giovani più erano possibilisti, ma penso dipenda molto dagli insegnamenti dei loro professori. Viceversa, gli studenti più adulti erano perplessi: chi lo riteneva possibile, diceva che avrebbe sicuramente partecipato alla Resistenza… Film politico o “educativo”? Nel film, si accenna alla politica, ma l’Onda va ben oltre l’ideologia, e i ragazzi, attori e spettatori, l’hanno compreso bene. Personalmente, sono convinto che il coinvolgimento in un gruppo autarchico prescinda dallo schieramento di destra o di sinistra: i ragazzi dell’Onda avrebbero potuto essere socialisti, non sarebbe cambiato nulla. Non a caso, l’accento del film è sulla pressione psicologica esercitata sugli studenti e il fanatismo incipiente. I tedeschi aderirono al Nazismo, i tuoi studenti all’Onda: perché? Si tratta di un fattore psicologico: ne L’Onda ci sono musiche, colori, divertimenti e feste di gruppo esattamente come allora il Nazismo, cercando il consenso attraverso manifestazioni di grande impatto visivo, cinema di propaganda e radio. Oggi sicuramente ci si servirebbe di Facebook e MySpace. Qual è l’antidoto? Più che insegnare la democrazia ai giovani, bisognerebbe viverla quotidianamente. Solo così si può evitare una nuova Onda, e un Quarto Reich. |