Anno 3 Numero 03 - 01.03.2011 |
Anno 2 Numero 08 Del 2 - 3 - 2009 |
Riprendersi il territorio |
Con una dodici ore di performance e installazioni Nettuno fa sentire la sua presenza contro il degrado umano di tutte le cittą dimenticate |
Mariateresa Surianello |
Stazione di Nettuno, un’area di transito per migliaia di pendolari che ogni giorno lasciano la città e raggiungono la Capitale. Uno spazio anonimo e dimenticato, e tale sarebbe rimasto se, un mese fa preciso, tre giovanissimi criminali non lo avessero - forse non del tutto casualmente - deputato a luogo di afflizione-espiazione con il loro crudele rito, xenofobo e razzista. Quest’area solo transitata da flotte di cittadini silenziosi, l’associazione Ibis Onlus con la direzione artistica del Collettivo Cercle è andata ad abitare per un’intera giornata, il 26 febbraio, tutta dedicata a Navtej Singh Sidhu, il ragazzo originario del Punjab indiano bruciato da tre cittadini italiani, di cui uno appena sedicenne. Nove ore di eventi, 12::21 ne è infatti il titolo, che sono la risposta civile al gesto compiuto da quei tre giovani “annoiati” nel cuore della notte, contro un uomo che dormiva su una panchina della stazione. Un uomo come se ne incontrano tanti a piedi o in bicicletta, dignitosi e impeccabili con i loro turbanti colorati – sono Sikh - in questo pezzo di provincia romana, che sconfina in quella di latina. Una fetta di territorio laziale privo di infrastrutture e segnato da un’unica direttrice stradale – la Pontina – tra le più pericolose d’Italia. Una zona ai margini di una metropoli che la respinge verso Sud. Per molti, Nettuno è solo un dormitorio e per molti altri la seconda casa, con il suo litorale da cartolina illustrata – altissime palme e palazzi nobiliari – e un borgo medievale pieno di pub e ristoranti che guarda sempre verso il mare e il suo porto turistico, ma non si volta mai a guardare il suo entroterra edificato selvaggiamente e popolato da masse di anonimi disperati, disposti a subire qualsiasi angheria per guadagnarsi una giornata da mandriani o braccianti. Sono lavoratori sottopagati o spesso non pagati affatto – come le testimonianze, nei giorni successivi al tentato omicidio di Navtej, hanno rivelato. E’ un territorio complesso quello su cui Ibis e Cercle stanno lavorando (con i laboratori nelle scuole e firmano anche il Festival Rifrazioni), pieno di contraddizioni e di eccessi dal mitico sbarco di Enea a quello degli americani che ha lasciato migliaia di croci conficcate in ettari di prato verde del monumentale cimitero gestito da Washington. Una terra di ipermercati e outlet, e di automobili in coda sulla via Nettunense, dove la cultura e l’arte trovano spazio nelle pieghe recondite e invisibili. E dove si producono invece pezzi di società frantumata e galleggiante in una melma di normalità satura di falsi valori, quando non proprio omertosa verso chi gioca fuori dalle leggi dello Stato. E neanche una sala cinematografica che possa allietare le serate dei 44.000 nettunesi. Figuriamoci che ne è del teatro. Il fuoco che ha bruciato il 40 percento della carne di Navtej ha precipitato Nettuno all’anno zero, ora che dallo scorso maggio il sindaco Alessio Chiavetta – trentuno anni appena compiuti – sta provando a ridare dignità a una città in mano alla malavita organizzata e commissariata dal 2005 per infiltrazioni mafiose. La nuova Amministrazione comunale ha dato il patrocinio alla giornata che Ibis ha organizzato alla Stazione per accogliere ad ogni arrivo di treno i suoi passeggeri. La voce di Pasolini esce dagli altoparlanti con parole profetiche di Poesia in forma di rosa: «...la viltà avvezza a vedere morire nel modo più atroce gli altri, nella più strana indifferenza...», mentre Cercle (+ Marina Sciarelli e Pino Genovese) compongono la loro rossa Pietas, su quella stessa panchina di marmo del primo binario, come a non voler ripulire lo scempio del 1° febbraio. Un’altra attrice sulla panchina di sinistra è china operosa sul suo lavoro a maglia e, ancora, più in là, l’istallazione di un giaciglio, con un sari disteso e piccole margherite come ad accogliere ogni viandante che lì volesse fermarsi a riposare. All’angolo della porta che conduce all’atrio un uomo seduto a terra con le gambe incrociate tiene in mano un cartello con la scritta «Non voglio soldi, ma solo parlare di estetica. Grazie». Qui, nell’atrio uno schermo in alto manda immagini, mentre Anna Mariani nella saletta d’attesa invita i passeggeri a lasciare le impronte delle mani per la costruenda opera Dialettica dell’impronta che resterà esposta nella Stazione. Le installazioni e le brevi performace si susseguono lungo il corso della giornata e i gruppi si alternano in questo luogo che, con la collaborazione delle Ferrovie dello Stato, per un giorno si è trasformato in uno spazio di aggregazione per i cittadini e per i gruppi di artisti protagonisti degli eventi. In questo mese, per la prima volta si sono cercati e ritrovati in un lavoro collettivo l’Assemblea permanente per gli spazi sociali, le organizzazioni antirazziste, i gruppi di danza e di teatro, uniti tutti dalla volontà di ricucire il tessuto sociale devastato da decenni di abbandono. Sono in programma per tutte le feste comandate (8 marzo, 25 aprile, 2 giugno) interventi artistici nella città di Nettuno, per iniziare a riappropriarsi di spazi e di relazioni e per tentare di ritrovare il senso del limite, oltre il quale si affonda negli abissi dell’imbarbarimento. E comincia dal piccolo gesto di un dono Nelle tue mani agito da Isabella Di Cola, che dietro a un tavolino imbandito di pacchetti invita i passeggeri scesi dal treno ad avvicinarsi e scegliersi un regalo, con la raccomandazione di non aprirlo fino a casa e con la richiesta di lasciare il nome e l’indirizzo email. Nell’intimità delle mura domestiche ciascuno troverà, accanto a un piccolo oggetto, stralci della Costituzione italiana. E’ tutto già scritto nella carta fondamentale della Repubblica. Così, fino all’arrivo dell’ultimo treno, che unisce Roma a Nettuno. Poi, dopo le 21 e 48 la tratta termina a Campoleone e un pulmino porta i ritardatari verso casa. Per i nettunesi che non hanno la macchina Roma è molto lontana. |