La copertina di questo numero č l'opera «Maybe tonight maybe tomorrow» di Gian Maria Tosatti
La copertina di questo numero č l'opera «Maybe tonight maybe tomorrow» di Gian Maria Tosatti

Anno 3 Numero 00 Del 01 - 12 - 2010
Una storia di avanguardie
Editoriale

Gian Maria Tosatti
 
Chi ha attraversato la galassia delle occupazioni abitative ha varcato quel confine fra il concetto di Stato-nazione e il concetto di un altrove senza nome. Quel nome non è che non ci sia davvero, ci sarà, ad oggi non lo conosciamo. Però sappiamo da una sensazione incontrovertibile che quei luoghi hanno a che fare col futuro e in quel futuro stanno iscritti i nomi delle realta che oggi ci appaiono ancora sconosciute, poco familiari. Le scuole occupate, le palazzine, i capannoni, i garages, le baracche in cui pochi di noi hanno messo realmente piede, contengono una umanità mista, di immigrati e di italiani che vivono da stranieri. Nessuno di loro appartiene più ad uno Stato-nazione. Vivono in una condizione di transito che è estremamente contemporanea. E la tappezzeria delle loro stanze provvisorie è fatta di poster che vengono da luoghi differenti, attraversati o vagheggiati, tappe di un percorso fatto o da fare. Si sta sempre per partire, per forza o per necessità. E quelle composizioni di poster, di immagini assomigliano a delle mappe, dei mappamondi fatti di cartastraccia da tenere davanti agli occhi per meditare la fuga, da fare «forse stanotte, forse domani». Per ognuno di questi uomini, per questi Alì dagli occhi azzurri, come li chiamerebbe Pasolini, il mondo non è un concetto astratto, è strada, e un planisfero è una mappa d’uso quotidiano, una finestra che dà sull’orizzonte dello spostamento, di un esodo globale.

Il mito della migrazione ad ovest per trovare la libertà è scaduto da un pezzo, almeno da quando i coloni americani affondarono i piedi nelle spiagge della California e si trovarono davanti il Pacifico. Da quel momento in poi abbiamo iniziato a cronometrare il ritardo dei secondi e dei terzi, come si fa alle olimpiadi. Secondi arrivarono quelli che dal Secondo mondo venivano e che al sole dell’occidente hanno disciolto la glacialità del blocco sovietico. Oggi, con l’arrivo al traguardo dell’occidente, finisce anche il Terzo Mondo. E il mondo si fa uno soltanto. Abbiamo tutti percorso le stesse distanze. Siamo tutti arrivati a occidente. Chi per nascita e chi per sopravvivenza. E l’occidente non ci basta più. L’occidente non è più il miraggio, il sogno. Il sogno è altrove, un passo più a occidente. Forse in Cina appunto. La corsa allora riparte, ma non è la stessa corsa. Si è fatto il giro. E allora, come si dice al lunapark, altro giro altra corsa. Altra corsa altro mondo. Facciamo ancora molta fatica a capirlo, ma Pasolini, nel suo tragico ruolo di Tiresia in questa «Nuova Preistoria» lo aveva già predetto diversi decenni fa, in uno scritto che, non a caso, si intitola Profezia.

Oggi in questo movimento del mondo che capiamo con difficoltà dalle nostre città che si fortificano politicamente (il fenomeno della xenofobia è dilaga in ogni parte d’Europa) per opporsi alla irresistibile invasione del resto del mondo, osserviamo il presente con un po’ di sbigottimento alla vigilia di un giubileo della patria che sembra superato ancor prima di compiersi ma che pure ci consegna una sentenza. Centocinquanta anni fa, quando si faceva l’Italia, gli italiani, per dirla con D’Azeglio, erano ancora da fare. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando si iniziava a fare l’Europa e il concetto di Nazione iniziava a sgretolarsi, erano appena pronti gli italiani. Oggi che con la globalizzazione si è fatto il mondo intero, non sono ancora pronti gli europei. Siamo costantemente in ritardo. Ma qualcuno è già pronto, qualcuno non sta solo “pensando” il mondo globale, ma lo “agisce” come tale, qualcuno inizia già a pompare sangue ed energia nel corpo di una nuova generazione, ad essere già liquido nell’estremizzazione di quella che Bauman definiva già società liquida. Sono gli ultimi, che, per ironia della sorte, sono davvero i primi. Nei loro flussi migratori, fatti di miseria, di analfabetismo sociale, di sogni di libertà, di stanze in cui tracciare la rotta del prossimo viaggio, essi sono le avanguardie dell’umanità che si muove per un nuovo mondo senza frontiere che forse ancora non esiste, ma che avanza con la forza del futuro.