Anno 3 Numero 02 Del 01 - 02 - 2011
Un ragionamento elementare
Editoriale

Gian Maria Tosatti
 
I giovani salveranno questo paese. Abbiamo dunque bisogno di molti giovani nella politica. Il dato anagrafico è essenziale, perché un trentenne, ad esempio, si è licenziato dalle scuole elementari solo da vent’anni. Un sessantenne, da cinquanta (sono una vita intera!). E via dicendo. Perché dico questo? Il motivo è semplice. Alle scuole elementari si imparano dati elementari. E minore è il tempo che ci separa da quegli apprendimenti, maggiore è la possibilità che abbiamo di ricordarli correttamente ed usarli. Prendiamo la geografia, ad esempio. Quando, in grembiule, studiavamo i paesi e i continenti dovevamo ricordarci con esattezza anche le risorse di cui quei paesi erano ricchi. L’allevamento in Argentina, l’agricoltura negli Stati Uniti, le coltivazioni di canna da zucchero in diversi paesi sudamericani, i giacimenti auriferi e diamantiferi in certi paesei africani, il petrolio nei paesi del Medio Oriente e il gas in Russia. L’Italia, invece non ha niente. Niente. Nessuna risorsa di cui il nostro territorio è ricco e benedetto dal creatore. Senonché sul piccolo suolo italiano, pari ad un cinquecentesimo delle terre emerse, è presente l’88% del patrimonio archelogico mondiale. E’ solo un dato, ma ecco qui una risorsa. Una di quelle che stanno scritte sui libri di geografia delle elementari e sulle quali ci viene insegnato che gli altri paesi strutturano il loro indotto. Magari quando abbiamo dieci anni quei dati per noi sono solo parole sulla carta da imparare noiosamente a memoria (ed è per questo che non possiamo farci governare da bambini di quinta), però già a vent’anni ci accorgiamo quanto i diversi paesi siano capaci di imporre quei loro prodotti sul mercato mondiale producendo ricchezza ed, a volte, anche potere. I paesi arabi sanno valorizzare il loro petrolio determinando spesso dei rallentamenti strategici nello sviluppo di fonti di energia pulita che si traducono nel fatto che continuiamo ad ammalarci di cancro con una certa disinvoltura. La Russia col suo gas tiene in scacco un pezzo intero d’Europa. Difetta solo l’Africa che con l’oro e i diamanti ci fa poco e niente. Il motivo è politico, ça va sans dire. Dove non ci sono governi capaci di saper valorizzare le proprie risorse la ricchezza svanisce e passa nelle mani di altri. E così è in Italia, dove non c’è un problema di risorse, ma c’è un problema politico. Un ministro dell’economia che dice che la cultura non si mangia equivale ad un emiro che dice che il petrolio non si beve. Solo che un emiro questa cosa non la direbbe. E col petrolio ci mangia e ci beve su, champagne di marca. Ora forse sarà vero il luogo comune che gli emiri sono degli ignoranti, che avranno fatto giusto le elementari. Ma allora forse hanno ragione loro. Perché le loro deduzioni elementari, sembra diano risultati assai più sofisticati delle speculazioni filosofico-economiche dei professori universitari che spiegano all’aula di Montecitorio e di Palazzo Madama le nuove finanziarie stagione dopo stagione.

Quest’anno ad esempio possiamo calcolare che la cultura avrà una riduzione di circa l’80% delle sue risorse. I risultati sono stati già diramati da inquietanti trailers, come al cinema, a cominciare dal crollo di Pompei. Ma quello che non abbiamo ancora visto coi nostri occhi è il numero di famiglie che finiranno a far la fame, perché con la cultura ci mangiano. Certo, in tempi in cui non si piange nemmeno sulle famiglie degli operai della Fiat, figuriamoci se verseremo una lacrima per tecnici teatrali, registi, attori, attrici, sceneggiatori, artisti e frikkettoni di questo genere. Certo che no. E’ gente con la testa per aria e camperà anche d’aria. Però c’è un altro fatto da tenere in conto. Che l’Italia ha i migliori artisti del mondo. Sul serio. Nel teatro ad esempio, parlo per esperienza, per aver girato il mondo dieci anni come critico teatrale e non aver mai incontrato un paese con il peggior sistema di finanziamenti al proprio teatro e con un numero così impressionanti di artisti di livello altissimo che incantano sempre le platee straniere quando lasciano i nostri strettissimi confini. E poi ci sono giovani direttori italiani di importantissimi musei internazionali. E ancora il cibo che siamo riusciti a far diventare cultura. E il nostro cinema che appena alza un attimo la testa in una congiuntura positiva fa asso piglia tutto a Cannes (parlo del cinema di oggi, ma non ci dimentichiamo che un paese piccolo come l’Italia nei soli anni ’60 è riuscita a scrivere la Bibbia dei cineasti di ogni dove). Per non parlare poi della bellezza naturale del nostro territorio visto come meta romantica dal cinema e che dobbiamo costantemente difendere dalla cementificazione. Ma dico delle banalità. Insomma tutta roba che io scrivo così, per puro esercizio di compilazione. Roba che non richiede nemmeno un pensiero complesso. Dati elementari appunto. Che però nessuno capisce più.

Ma perché dico questo? E’ semplice. Per ribadire ancora una volta che il problema è politico. Le elementari le abbiamo fatte tutti, però, come diceva il buon Eduardo, gli esami non finoscono mai. E allora facciamo un altra volta l’esame di licenza elementare a tutta la nostra classe politica e vediamo chi promuovere e chi bocciare. Il rischio è che le bocciature possano ridurre davvero la classe politica ad un numero estremamente esiguo e a quel punto che faremo? Dovremo assumerci la responsabilità di fare da soli. Di fare politica. Lo scrivo per dirlo ai ragazzi che vanno in piazza a manifestare per la scuola, agli attori che occupano a Roma il cinema Metropolitan, ai nuovi operai che scioperano perché gli viene tolta la possibilità e la dignità del lavoro e del futuro. A loro dico che bisogna invadere la politica. Questa è la democrazia. Bisogna invadere i partiti politici. Costituire gruppi, scalare le maggioranze. Ve lo ricordate D’Alema quando dichiarava che bisognava abolire le primarie perché permettevano agli elettori di invadere il partito? Ecco, bisogna fare esattamente quello che D’Alema temeva. Con gli strumenti della democrazia. Capisco che gli attori vogliano fare gli attori, gli studenti vogliano fare i ricercatori e gli operai vogliano fare gli operai (non per vocazione certo, ma per necessità di lavorare). Però lo stato non è dei politici di professione e allora i cittadini in questo vuoto politico devono assumersi le proprie responsabilità per far sì che la nostra Repubblica diventi finalmente davvero una Res Publica. Questo paese va rimesso in piedi. Le risorse ci sono. Ora sta ad ognuno di noi capire se vogliamo far valere la bellezza almeno tanto quanto l’Arabia Saudita e la Russia fanno valere i loro veleni o se ci piace fare come l’Africa e morir di fame in una terra di «cenere e diamanti».