Anno 0 Numero 02 Del 21 - 5 - 2007
I vecchi e i giovani
I sogni delle generazioni nei teatrini di Gaspare Balsamo

Mariateresa Surianello
 

Sono le voci registrate di vecchi trapanesi, quelle che il pubblico del Palladium ascolta, ancora immerso nel buio della sala. Gaspare Balsamo le pone nell’incipit del suo Camurria, come a rivelare immediatamente il lavoro di scavo compiuto intorno ai pupari e ai teatrini della sua città. Una lunga gestazione per quest’opera prima, con la quale l’attore-autore giunge a una sintesi eccellente, che mescola memorie personali al grande racconto epico-cavalleresco dell’Opera dei Pupi, costruendosi un corpo scenico capace di sostenere il virtuosismo del cunto. Il risultato è uno spettacolo potente, che avevamo già apprezzato lo scorso dicembre, e ora torniamo ad applaudire nella versione – ancora più accattivante per il grande pubblico - proposta a questi Teatri di vetro, con il coinvolgimento della Piccola Orchestra La Viola, diretta da Alessandro Parente.

Dopo Vincenzo Pirrotta e forse Davide Enia, è davvero il caso di salutare la nascita di un nuovo cuntista. Gaspare Balsamo ha fatto sua la lezione di Mimmo Cuticchio, rinnovandola nella costruzione drammaturgica di una storia originale, piena di fascinazioni e concreta, anche sul piano antropologico e sociale. In un’ora, l’attore ripercorre le memorie di famiglia, recupera filastrocche e piccole leggende, inserendole nel tessuto testuale con efficacia narrativa. Torna all’inizio del secolo scorso con la Za Betta, la madre di suo nonno, colei che nelle mani aveva «il fare e lo sfare dello Stretto di Messina», ricorda il terribile terremoto del 1908 e l’iniziazione del nonno all’Opera dei Pupi, quando queste marionette meravigliose attiravano con le gesta di Carlo Magno e dei Paladini di Francia migliaia di persone. Il biglietto si pagava anche in natura o con servizi, una barba apriva le porte del teatrino per una settimana, mentre un taglio di capelli permetteva l’accesso addirittura per un intero mese.

Un episodio al giorno, tutti i giorni, per un ciclo che impegnava pupari e spettatori interi anni, altro che telenovelas e fiction. A quei tempi Orlando e Rinaldo, erano al centro di acerrime discussioni tra le classi popolari, c’erano gli “orlandisti” e i “rinaldisti”... Poi, negli anni Cinquanta il declino repentino e definitivo. Dopo la prima battuta d’arresto negli anni Trenta, con l’arrivo del cinematografo, un altro intrattenimento – rivelatosi poi molto più strumentale al potere e utile nell’ottundimento delle masse – stava diffondendosi. La televisione ha distrutto l’Opera dei Pupi, ne ha segnato la sua scomparsa. In una città non grande come Trapani, nel solo centro, erano attivi otto teatrini, dei quali si è persa completamente la memoria. Balsamo li nomina tutti, in un crescendo di intensità ritmica, e del teatrino di don Federico ne rintraccia la toponomastica. Era in via Badia Nuova, proprio lì dove suo nonno aveva cominciato ad apprendere l’arte dei pupari, dapprima suonando l’organetto. Con questo interessante escamotage drammaturgico, l’autore-attore ricostruisce l’apprendistato del puparo. Dall’ultima quinta a destra, dove stavano i “pagani”, il neofita transitava via via fino alla prima quinta a sinistra, dove combattevano Orlando e Rinaldo.

L’orchestra, distesa lungo l’intero palco (sono in diciassette), lascia a Gaspare Balsamo il centro della scena. Egli talvolta seduto, altre volte in piedi impugnando la spada di legno, si lancia nel cunto, trasformandosi in un corpo sonoro. La voce e il gesto si fondono e le parole perdono significato e arrivano alla pura astrazione del suono. E non disturba, verso il finale, l’intermittenza di quel faretto stroboscopico, che vorrebbe – ma non crediamo ce ne sia bisogno – accrescere l’effetto parossistico del movimento. Vanno citati, almeno, Gianluca Bacconi (autore con Alessandro Severa delle musiche originali) e Alessandro D’Alessandro, musicisti già protagonisti nella prima versione del lavoro, e la voce solista della Viola, Antonella Costanzo.

Pubblico in visibilio che applaude ripetutamente anche a scena aperta.